La Coop abbandona la Capitale: le paure dei lavoratori e dei sindacati relative allo smantellamento progressivo dei punti vendita nel Lazio del marchio si sono rivelati realtà. Anche Roma cade sotto la scure della cessione.
Coop cede punti vendita a Tigre
Alla fine dei giochi saranno solo sette i supermercati Coop parte di Unicoop Tirreno a rimanere a Roma. Gli altri 54 presenti nella Capitale, parte della distribuzione Roma e Coop alleanza 3.0 sono stati ceduti al gruppo Gabrielli. Di chi si tratta? Del titolare del brand Tigre.
Un’operazione questa molto importante, ancora sotto analisi per alcuni aspetti da parte dei sindacati e della nuova concessionaria. Sono 800 i lavoratori interessati da questo cambiamento che coinvolgerà in modo sostanziale anche l’aspetto dell’offerta dei supermercati di Roma.
Al momento non si hanno particolari notizie di ciò che si vorrà fare in merito ai livelli occupazionali. Il vero timore di tutti è il possibile spacchettamento dei supermercati Coop che sono caduti in mano a Tigre. La quale potrebbe poi decidere di cedere i vari punti vendita acquistati a singoli imprenditori. Come già successo con altri grandi marchi del franchising della grande distribuzione come Conad e Carrefour.
Un approccio di questo genere ha già mostrato di far scendere il livello del lavoro, dei diritti e delle tutele dei lavoratori verso livelli più bassi.
Paura di una frammentazione eccessiva
La compagine sindacale lamenta giustamente la possibilità dell’uso di un modello di frammentazione dei punti vendita Coop per la conclusione di questa operazione. Qualcosa che complica decisamente l’atto di controllare che i lavoratori possano usufruire di garanzie e tutele. Ciò che lascia perplessi è che sia anche un marchio come la Coop ad accettare questo modello. Rinunciando in maniera evidente a quello che è il suo tratto distintivo cooperativo che lo caratterizza fin dalla sua nascita.
Tecnicamente parlando i lavoratori, passando da Coop a Tigre, perderanno anche la tipologia di contratto che prevedeva il pagamento del 100% delle assenze di malattia passando al contratto tipico della distribuzione moderna organizzata.
È normale che vi sia preoccupazione da parte dei lavoratori per il loro futuro occupazionale. È giusto interrogarsi sul perché di una simile scelta. Il mercato del lavoro, anche a causa delle conseguenze della pandemia di coronavirus, ha portato la grande distribuzione e altri settori a dover scendere a patti con alcuni cambiamenti.
Ma non ci si aspettava che la necessità di far quadrare i conti potesse snaturare in modo così importante una realtà come quella della Coop. Che cede a un modello dal quale era sempre riuscita a rimanere lontana.